Emozioni

C’erano una volta le emozioni…

emozioni

Clicca sull’immagine e guarda il video: “Le 5 emozioni di base secondo Inside Out”

Gli scambi relazionali rappresentano un’occasione di sviluppo della consapevolezza di sé

(Bowlby, J., 1988)

Forse ci siamo posti tutti qualche volta la domanda…

“Cosa sono le emozioni?”

sono risposte che ognuno di noi vive in base a differenti stimoli sulla base della propria esperienza.

La nostra salute mentale e il benessere personale si influenzano a vicenda e dipendono in gran misura da come ci relazioniamo con il mondo, generando così le emozioni, che ci permettono di comunicare e identificare, sin dalla nascita, quello che è “positivo e negativo” per noi stessi.

Le emozioni rappresentano la prima esperienza che sin da bambini facciamo del mondo e delle relazioni con le persone che ci circondano, tramite il pianto, il sorriso o comportamenti rudimentali. Attraverso esse diamo forma ai propri

  • pensieri
  • apprendimenti
  • legami affettivi
  • percorsi di crescita

che ci forniscono informazioni sulla relazione che abbiamo con l’ambiente circostante, provando

  • allegria o soddisfazione quando le cose vanno bene
  • tristezza o disperazione quando succede tutto il contrario, come quando soffriamo perdite o minacce.

Quindi sono come un sistema di allarme che si attiva quando individuiamo qualche cambiamento nella situazione che viviamo per cui possiamo considerarle come risorse adattative proprie degli esseri umani, soggettive dunque molto difficili da misurare o predire.

Studi scientifici hanno rilevato quattro diverse tipologie di risposta:

• fisiologiche: che alterano la frequenza respiratoria e cardiaca, la pressione del sangue o la pelle

• tonico-posturali: come ad esempio la tensione muscolare o il rilassamento del corpo

• comportamentali: ossia risposte che incidono sul comportamento

• espressive: a loro volta suddivise in

  • mimico-facciali (con variazioni nella voce e nei gesti) 
  • linguistico (che influenzano le scelte lessicali e sintattiche).

Gli studiosi hanno le idee molto più chiare per quanto riguarda la risposta fisiologica, sostenendo che, in questo caso, a prescindere dall’età e dalla cultura, reagiamo tutti fisiologicamente allo stesso modo 

→ ad esempio riscontriamo la presenza di adrenalina che media in ogni esperienza ed è associata alla paura, al panico, allo stress o al bisogno di fuga.

Le emozioni sono dunque un processo multicomponenziale (articolato in più componenti, con un processo temporale che evolve) che ci

  • permettono di interagire con l’ambiente esterno e/o di difenderci da esso
  • facilitano o ostacolano al raggiungimento di obiettivi.

Teorie dello sviluppo emotivo

Nella letteratura sullo sviluppo emotivo riconosciamo le tre seguenti definizioni:

• Intelligenza Emotiva (IE): è l’abilità di

  • percepire
  • nutrire
  • generare
  • regolare 

le emozioni al fine di promuovere una sana crescita interiore e intellettiva.

• Teoria della Mente Emotiva: è la conoscenza consapevole che un bambino possiede delle emozioni come stati interni.

• Competenza Emotiva: è l’insieme di capacità e abilità che permettono di

  • riconoscere
  • esprimere
  • gestire

le proprie e altrui emozioni per avere un adeguato adattamento all’ambiente.

Gardner fu colui che individuò due tipi di IE, quella:

• Interpersonale: è la capacità di comprendere

  • intenzioni
  • motivazioni
  • desideri delle altre persone

permettendo in questo modo di lavorare efficacemente anche in gruppo e nei bambini questo tipo di capacità si esprime attraverso la propensione per la leadership o la capacità di appianare situazioni.

• Intrapersonale: è l’abilità di capire se stessi, individuando

  • le proprie emozioni e motivazioni
  • i propri punti di forza e debolezza. 

Lo scopo è utilizzare queste informazioni per svolgere una vita volta al raggiungimento di scopi specifici.

Per IE s’intende dunque la capacità di riconoscere, rispettare e mettere in parola il mondo dei sentimenti e delle emozioni, al fine di

  • imparare a sviluppare in modo globale il funzionamento psichico e la comprensione della realtà
  • accrescere le competenze sociali e relazionali
  • dare una risposta empatica alle difficoltà dell’altro.

Questo concetto fu introdotto anche da Salovey e Mayer per descrivere

la capacità che hanno gli individui di monitorare le sensazioni proprie e quelle degli altri, discriminando tra vari tipi di emozione ed usando questa informazione per incanalare pensieri ed azioni”.

Il termine fu poi reso maggiormente popolare da Goleman, con la pubblicazione del suo libro “Intelligenza emotiva” nel 1995, in cui la descrive come un insieme di competenze o caratteristiche che sono fondamentali per affrontare con successo la vita, quali

  • autocontrollo
  • entusiasmo
  • perseveranza
  • capacità di automotivarsi.

Più tardi, Mayer e Salovey estesero la definizione, includendo anche la capacità di

  • percepire le emozioni
  • confrontarle
  • capire le informazioni che ne derivano 
  • essere in grado di maneggiarle.

Dunque, secondo Goleman, Mayer e Salovey, l’IE comprende cinque ambiti:

  • la consapevolezza delle proprie emozioni
  • il controllo delle emozioni
  • la capacità di ritardare la gratificazione e gestire i propri impulsi
  • il riconoscimento delle emozioni degli altri
  • la capacità di gestire le relazioni sociali in rapporto alle emozioni degli altri

Inoltre, Goleman pone maggiore attenzione al riconoscimento emotivo che si riferisce allo stato di consapevolezza di sé che rende una persona in grado di identificare e monitorare le proprie emozioni quando queste sorgono.

Questa consapevolezza permette alla persona di compiere scelte consapevoli riguardo agli eventi di maggiore, ma anche minore, importanza della vita per cui il concetto di conoscere se stessi nasce dalla presa di consapevolezza di sé che si esprime nell’abilità di guardare in modo introspettivo ai propri pensieri, sentimenti e azioni.

Per quanto riguarda il maneggiare le proprie emozioni, definisce quest’abilità come significativa per accrescere il livello di consapevolezza di sé, vista come la capacità di tollerare gli eventi della vita in maniera sana ed equilibrata. 

Dunque, motivare se stessi può essere visto come una spinta che ognuno di noi si dà per raggiungere un certo obiettivo e, per tutte queste ragioni, è molto importante lo sviluppo dell’intelligenza emotiva sin dall’infanzia.

Riconoscere ed esprimere le emozioni

Il viso è la parte più espressiva del corpo per cui l’espressione del volto rappresenta di certo una delle più esemplari modalità di comunicazione non verbale delle emozioni e con l’espressione del viso si può comunicare all’altro, fornendo informazioni sul proprio stato emotivo. Di fatto, il volto, con la posizione degli occhi, della bocca, delle sopracciglia, dei muscoli facciali, fornisce elementi che stimolano il riconoscimento emotivo.

In ciascun vissuto interno, ognuno di questi elementi assume una propria posizione, donando al volto una precisa connotazione espressiva, che andrà ad identificare una determinata emozione, a conferma degli studi di Darwin sull’universalità delle emozioni che rileva una base innata della produzione delle espressioni facciali delle emozioni.

Identificare le emozioni proprie e altrui contribuisce a potenziare una sana qualità delle relazioni e interazioni sociali per cui è, oltre che una capacità della competenza emotiva, anche un’abilità sociale che aiuta l’individuo nella comprensione dell’altro.

La comunicazione emotiva, attraverso l’osservazione dell’altro, diviene fonte di informazione molto potente sulle situazioni e sugli oggetti a cui sono rivolte.

L’espressione dell’adulto, per esempio, è utilizzata dal bambino come una guida comportamentale che lo orienta nei confronti dell’ambiente circostante

→ un bambino in presenza di un estraneo cosa farà? osserverà la mamma che se

  • manifesta paura il bambino tenderà ad allontanarsi
  • se al contrario esprime gioia sarà invece incline ad avvicinarsi.

Attraverso gli scambi sociali il bambino apprende a identificare quali situazioni possono essere pericolose e quali sicure e può far proprie paure e diffidenze irragionevoli.

Durante l’infanzia provare emozioni piacevoli spesso favorisce il possibile sviluppo di una personalità ottimista, confidente ed estroversa, mentre avviene il contrario se si provano emozioni spiacevoli.

Un’adeguata educazione emotiva permetterà di

• acquisire destrezza per la gestione degli stati emotivi

• ridurre le emozioni spiacevoli

• aumentare in buona parte le emozioni piacevoli, ad esempio

  • saper risolvere in maniera costruttiva i conflitti,
  • mettere da parte le frustrazioni a breve termine in cambio di una ricompensa a lungo termine
  • gestire gli stati d’animo per motivarci.

Regolare le emozioni 

… e tu come gestisci le tue?

La regolazione delle emozioni è l’insieme di processi attraverso cui si può

  • cambiare frequenza, intensità e forma agli stati emotivi e
  • modulare i comportamenti e le reazioni fisiologiche ad essi collegata

al fine di giungere a un autocontrollo e mantenere così relazioni sociali congrue al contesto 

→  nei bambini, per esempio, è influenzata dall’intervento del genitore, che sin da piccoli cerca di prevenire quelle situazioni che possono creare sofferenza e disagio → alleviando la fame, coccolandoli quando sono tristi o agitati…

L’influenza del genitore assume il suo massimo rilievo nell’apprendimento della regolazione emotiva in età prescolare, periodo in cui è importante intervenire prima che queste emozioni raggiungano dei picchi su cui è poi difficile intervenire con successo e quest’azione è a vantaggio di un sano equilibrio emotivo.

Il linguaggio, che sia esso verbale o non verbale, è una forma di comunicazione che aiuta il bambino a comprendere meglio le proprie emozioni e a far fronte allo stato d’animo provato in quel momento.

In presenza di un’emozione intensa, per esempio una crisi di rabbia o di pianto, occorre che l’adulto di riferimento si avvalga 

  • in primis della comunicazione non verbale, con un abbraccio o una carezza, per consolarlo 
  • in secundis di quella verbale, con poche parole non giudicanti.

Le Emozioni e la Psicoterapia della Gestalt

Oggi si tende a dare una connotazione “negativa” alle emozioni, che siano esse piacevoli o spiacevoli, poiché vengono vissute come un disturbo che intacca l’equilibrio personale, convinti che tutto si possa controllare o anche eliminare. Questa convinzione, soprattutto riguardo alle emozioni ritenute spiacevoli, spinge a cercare di ingabbiarle o rimuoverle con il risultato di sviluppare uno stato ansioso con conseguenze anche peggiori, soprattutto sul piano relazionale e sociale.

È necessario considerarle una caratteristica fondamentale che ci permette di conoscere meglio se stessi e la realtà circostante, quindi considerarla come una forma evoluta di apprendimento. 

Ci tengo a sottolineare che non esistono emozioni “giuste” o “sbagliate”, ma piacevoli o spiacevoli che si provano indipendentemente dalla nostra volontà o intenzionalità.

Sentire, riconoscere ed esprimere le proprie emozioni senza giudizio arricchisce la nostra vita poiché gli dà forma e significato e contribuisce all’espressività personale e all’elaborazione delle nostre esperienze di vita

  accettarle e viverle vuol dire farne esperienza!

Oltre al linguaggio verbale e non verbale (mimica facciale, postura, prossemica…), utilizzati per esprimerci e comunicare all’altro, riconosciamo anche un terzo canale comunicativo, non meno importante, il linguaggio paraverbale che si riferisce al modo in cui verbalizziamo qualcosa quando vogliamo comunicare il nostro sentire attraverso

  • tono
  • volume
  • timbro e
  • velocità della voce

e in caso della comunicazione scritta abbiamo ad esempio

  • punteggiatura e
  • lunghezza dei periodi.

Ognuno di noi ha un proprio modo di reagire agli eventi, in relazione alla personalità e all’esperienza di vita ed è fondamentale comunicare ciò che proviamo attraverso tutti e tre i canali comunicativi.

Nella nostra cultura, purtroppo, le espressioni del corpo e delle emozioni spesso vengono censurate o rigidamente filtrate, infatti fin dall’infanzia ci viene proibito per esempio di manifestare apertamente alcune emozioni ritenute negative, come rabbia, paura, tristezza, dolore, gelosia, desiderio. L’inibizione delle emozioni così come quella dell’azione spesso alimentano nevrosi e psicosi.

La psicoterapia della Gestalt pone il suo focus sulle emozioni e ha come scopo fondamentale

→ rendere consapevole il proprio vissuto delle emotivo, come e se viene espresso e gestito, sia nel proprio mondo interno che nell’interazione con il mondo esterno.

È costituita da quattro processi fondamentali che costituiscono un modello operativo di organizzazione psichica:

  • esperienza → il vissuto psichico delle varie fasi del contatto con il mondo interno ed esterno.
  • consapevolezza → l’esperienza percettiva ed emotiva e la capacità di comprenderne, a vari livelli, i significati                           

→ si acquisisce nello stare in contatto con ciò che accade nel “qui e ora” del setting terapeutico, dove l’attenzione è sull’azione che si compie e sulle emozioni che emergono in relazione ad essa.

  • responsabilità → la capacità di attribuire a se stessi i processi motivazionali e decisionali che sono continuamente alla base dell’esperienza e delle relazioni sociali, in particolare riferiti a situazioni problematiche e conflittuali.
  • focus sulqui ed ora 

Le prime tre aree descritte costituiscono le funzioni psicologiche basilari del sistema sano e adulto. Sono necessarie e in continua interazione nel qui ed ora per cui nella misura in cui ciascuna variabile è deficitaria, trascina nel deficit anche le altre e si costituiscono scenari psicopatologici differenti.

Praticamente le tecniche di questo approccio terapeutico possono essere considerate come una particolare applicazione di una più generale prescrizione →  “sii consapevole nel qui ed ora” attraverso cui si può giungere a scoprire che esistono modalità sane e nuove per esprimere le proprie emozioni, siano esse piacevoli o spiacevoli, senza dover necessariamente provocare un conflitto.

Il contatto con le nostre emozioni può riportare ad una situazione del passato, che non è stata chiusa (una gestalt) e che necessita di essere rivissuta, per poter giungere ad una definitiva risoluzione, affinché il passato torni al passato, senza più influenzare il presente. Se, al contrario, le neghiamo, per salvaguardare un’immagine ideale di noi o nella speranza di salvare rapporti e relazioni, rischiamo di anestetizzarci, compromettendo il nostro benessere e i nostri legami.

È molto importante essere in contatto col proprio sentire poiché ciò rende possibile contestualizzarlo e scegliere come, dove e quando esprimerlo, quindi attraversarlo appieno per giungere a comprendere come esse nascono.

Il lavoro terapeutico possiamo considerarlo come

→  un processo di liberazione della persona alla consapevolezza emotiva, attraverso il continuo contatto con il proprio vissuto e l’incoraggiamento dell’espressione consapevole delle emozioni stesse.

Una famosa citazione di F., Perls rende meglio il concetto → “il solo modo per uscirne è di passarci attraverso”.

(Polster e Polster,1973)

L’importanza di sensibilizzare alle emozioni

  • Sarebbe utile che le scuole e le famiglie promuovessero il benessere psico-socio-emozionale dell’individuo → con l’obiettivo principale di sviluppare le proprie risorse affinché ogni bambino possa crescere in modo sano ed equilibrato ed
  • esprimere il meglio di sé attraverso abilità utili per sviluppare l’autoefficacia dell’individuo nelle interazioni sociali che suscitano emozioni (Saarni, 1999).

Le principali abilità della competenza emotiva possono essere raggruppate in tre dimensioni: 

• il suo riconoscimento che ci permette di

  • discernere i propri stati emotivi e quelli altrui
  • utilizzare il vocabolario emotivo (“cosa sento” “che effetto mi fa”)

• la sua espressione che utilizza i gesti per 

  • esprimere messaggi emotivi non verbali
  • dimostrare coinvolgimento empatico
  • manifestare emozioni sociali
  • essere consapevoli che è possibile controllare l’espressione manifesta di emozioni socialmente disapprovate

• la sua regolazione che ci consente di

  • riflettere sugli eventi, sui propri e altrui pensieri e vissuti emotivi
  • fronteggiare le emozioni che “non ci piacciono” e quelle che “ci piacciono” e/o le situazioni che le suscitano.

Risulterebbe importante insegnare al bambino sin da piccolo a destreggiarsi nel proprio e altrui mondo emotivo e per far ciò sarebbe opportuno avviarlo alla condivisione emotiva tra lui e le persone con cui entra in relazione.

La fiaba, per esempio, potrebbe rappresentare un valido strumento per

• favorire la condivisione

• costituire uno ausilio didattico ed educativo che, inserendosi nell’ambiente scolastico e familiare

  • potrebbe creare una condivisione emotiva tra bambino che ascolta e adulto che narra.

Dunque la fiaba sarebbe un possibile canale di comunicazione che stimola la creazione di relazioni sane.

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Riferimenti bibliografici:

(Aringolo, K., & Albrizio, M., 2016). Le fiabe per… giocare con le emozioni. FrancoAngeli, Milano.

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2021-01-17T15:38:25+01:00

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